L’ammissione al Patto Atlantico e la proposta di creazione di un direttorio con l’esclusione dell’Italia
La partecipazione dell’Italia al Patto Atlantico ha rappresentato la concretizzazione di uno dei più importanti tentativi di riaccreditamento del nostro paese nell’ambito del cosiddetto blocco occidentale. Ciò, tuttavia, non significa che il cammino sia stato facile e privo di problemi.
Al contrario, l’Italia portava sulle sue spalle l’eredità della sconfitta nella seconda guerra mondiale e questo, spesso, determinava tentativi di emarginazione, se non di umiliazione, da parte delle altre potenze principali.
Proprio nel contesto del Patto Atlantico fu, infatti, proposta la creazione di un direttorio cui avrebbero partecipato, esclusivamente, tre stati e, precisamente, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia. La conseguenza sarebbe stata l’esclusione dell’Italia da un organismo dove sarebbero state approntate le principali strategie per la ricrescita del mondo occidentale.
Le rimostranze decise del governo De Gasperi e la posizione intransigente dell’amministrazione Turman
Le rimostranze del governo italiano di fronte a questa possibilità furono estremamente ferme. Il ministro degli esteri Sforza contattò i principali esponenti dei governi di queste tre potenze sottolineando l’importanza di quella che sarebbe diventata la “questione italiana”.
Anche il presidente del consiglio De Gasperi evidenziò all’ambasciatore statunitense a Roma i contraccolpi di politica interna che l’esclusione dell’Italia dal direttorio a tre avrebbe provocato.
Ma l’amministrazione Truman, in particolar modo, riteneva di non poter seguire le istanze italiane e di rendere chiaro al governo del presidente De Gasperi che, dopo gli aiuti del piano Marshall, l’Italia avrebbe dovuto procedere ad un ampio programma di riarmo che le avrebbe consentito di avere piena voce nella citata alleanza che stava sempre più prendendo le sembianze definitive della Nato.
I condizionamenti della politica estera e le difficoltà dell’Italia ad attuare il programma di riarmo
La posizione internazionale dell’Italia era ulteriormente complicata dalla dislocazione geopolitica del paese che si trovava sulla linea di demarcazione tra i due blocchi (quello sovietico e quello occidentale) e dall’evoluzione di una politica estera fortemente condizionata dagli equilibri interni di uno schieramento estremamente frazionato ed in qualche misura esposto anche alle pressioni provenienti dal Cremlino. Infine le condizioni economiche del nostro paese non consentivano la realizzazione del programma di riarmo richiesto. L’Italia era ancora profondamente impegnata nell’opera di ricostruzione dopo le devastazioni terribili della Seconda Guerra Mondiale.