La prima guerra mondiale si conclude con la conferenza di pace di Parigi del 1919 ed ,in particolare ,con il suo atto finale rappresentato dal trattato firmato a Versailles il 28 giugno 1919 da 44 Stati. Questo trattato fu definito dal maresciallo francese Foch “non una pace bensì un armistizio per vent’anni”.Esso ,infatti ,soffriva di una debolezza intrinseca dovuta alla diversità di obiettivi delle nazioni vincitrici. Gli Stati Uniti d’America si erano ispirati al principio dell’autodeterminazione nazionale.

La Francia mirava alla riparazione di tutti i danni subiti durante la guerra.La stessa Francia e la Gran Bretagna intendevano proteggere l’integrità dei propri originari imperi.l’Italia chiedeva quanto le era stato promesso nel caso di entrata in guerra al fianco della Francia e della Gran Bretagna.In una pubblicazione online dedicata all’ambasciatore Mario Luciolli troviamo scritto che egli bene “ descrisse i rapporti fra il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando il presidente degli Stati Uniti nei primi mesi del 1919. Woodrow Wilson aveva riconosciuto all’Italia il Trentino e il Tirolo meridionale fino al Brennero, ma aveva scoperto tardi, con una certa sorpresa, che nella provincia di Bolzano vivevano 245.000 persone di lingua tedesca.
Volete dire che sono protedeschi , proaustriaci ? aveva chiesto a un diplomatico inglese alla fine di una riunione anglo americana. Fu questa probabilmente la principale ragione per cui decise di richiamarsi fermamente, nel caso dell’Istria e di Fiume, al nono dei suoi 14 punti : le modifiche della frontiera italiana dovranno essere decise sulla base di criteri nazionali chiaramente riconoscibili. Accettò più tardi che a Fiume venisse conferito uno statuto speciale sotto l’ egida delle società delle nazioni, ma avanzò la sua proposta nel peggiore dei modi possibili. Anzichè presentarla nel corso di una riunione si indirizzò direttamente all’opinione pubblica italiana con un messaggio… Vittorio Emanuele Orlando decise allora di abbandonare la conferenzai e di tornare in Italia. Commise un errore, probabilmente. Non capì che un uomo di stato può permettersi di uscire dalla sala delle trattative soltanto se è certo che la sua assenza costringerà gli altri a interrompere i lavori.”